Allarme 2025: si giocherà troppo e troppi calciatori si infortuneranno

Per due giorni, durante l’ultimo week end, Brescia è diventata un’autentica capitale europea della traumatologia, dell’ortopedia sportiva e della fisioterapia. Il tema del prestigioso convegno internazionale che, sotto l’egida dell’Università della Leonessa, ha radunato alcuni fra i migliori specialisti del continente, è quanto mai d’attualità: “La gestione dell’atleta professionista sano e infortunato, trauma diretti e indiretti“. Seicento i partecipanti, illuminanti i nomi dei relatori, a cominciare dal prof. Roberto Sassi, storico preparatore, fra gli altri club, di Lecce, Lazio, Valencia, Atletico Madrid, Chelsea, Juve, Inter e al quale è stato assegnato il premio alla carriera. Insieme con lui, sono intervenuti i consulenti della Premier League, Rowena Johnson ed Ernest Schilders; il prof. Ramon Cugat; il prof. Francesco Mario Benazzo; il prof. Carlos Del Barrio Fernandez; il prof. Lasse Lempainen, luminare finlandese, consulente dei più importanti club europei; gli specialisti nel recupero post infortunistico di Chelsea, City, Lipsia, Al Ahli, Roma, Inter, Sassuolo e molti ancora. Al punto che le loro relazioni hanno suscitato un tale interesse da procrastinare la conclusione dei lavori alla serata del 14 marzo. È sufficiente dare un’occhiata agli argomenti trattati per rendersi conto di quanto approfondita sia stata l’analisi eseguita nell’aula magna della facoltà di Medicina e Chirurgia dell’ateneo bresciano: dalla lesione al tendine d’Achille alla rottura dei legamenti crociati, dal trattamento dei traumi diretti indiretti alla riabilitazione post operatoria, per citarne alcuni..

Allarme 2025, le parole del dottore Bruzzone

Legittima la soddisfazione del dottor Marco Bruzzone, curatore scientifico della conferenza medica, dalla quale è scaturito un messaggio forte e chiaro per la tutela della salute dei calciatori. Argomenta Bruzzone: “Forte è la preoccupazione degli specialisti per l’incremento del numero delle partite che caratterizzerà il 2025, fra la nuova Champions League e il mondiale per club della Fifa da disputarsi nel periodo giugno-luglio. Non è più solo e soltanto una questione di tempo necessario per il ritorno in campo (return to play); decisiva si rivela la tempistica necessaria per il ritorno alla prestazione (return to performance). Se esiste un numero ideale di partite che un giocatore possa disputare, riducendo il numero degli stop per incidente? No, non esiste e nemmeno c’è un algoritmo che faccia al caso, anche perché i fattori in causa sono diversi e interdipendenti. Ad esempio: spesso non si annette la necessaria importanza ai voli aerei, in alcuni casi intercontinentali, che i giocatori si sobbarcano per andare in tournée (vedasi le due tappe americane degli azzurri, in questi giorni) o per rispondere alle convocazioni delle rispettive rappresentative nazionali, nel caso siano extraeuropee. Questi viaggi causano uno scombussolamento che, logicamente, si ripercuote sulla tabella di lavoro alla ripresa della preparazione nei club. E poi c’è la questione delle questioni: si gioca troppo e ci si allena troppo poco. Sa qual è stata l’unica eccezione alla regola? Diego Armando Maradona, il fenomeno in tutti i sensi, l’unico che, pur non seguendo allenamenti rigorosi, possedeva doti di recupero eccezionali e in campo faceva ciò che voleva. Rispetto alle stagioni agonistiche di venti-trent’anni fa, le società hanno fatto passi da gigante in materia di staff sanitari, prevenzione e cura. La qualità professionale è eccellente. Ma l’incremento degli infortuni è una variabile destinata a diventare sempre più direttamente proporzionale al numero di partite disputate“.

Un calcio sempre più ipertrofico

Non è un esercizio eccessivo stimare che le rose delle squadre impegnate su più fronti arriveranno a trenta giocatori. E temere che la contabilità degli infortuni divenga inarrestabile, in un calcio ipertrofico. Per dirla con la domanda di Ivan Zazzaroni, rivolgeva a Uefa e Fifa sulla prima pagina del Corriere dello Sport il 21 marzo scorso, “Volete anche il sangue?“. Quesito profetico, alla luce dei risultati del convegno di Brescia che tre giorni più tardi una risposta l’ha data. Eccome se l’ha data. Il guaio, annota Bruzzone, “è che se i campionati sono stati fermati per il mondiale in Qatar con una decisione senza precedenti; se all’orizzonte si profilano nuove competizioni, è evidente quanto si affermi il principio secondo il quale: poiché è già stato possibile farlo, perché non continuare a farlo?“.

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